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Premessa


Allo stato attuale della ricerca occorre riconoscere che, da un punto di vista strettamente storico, non è possibile tracciare in maniera definita le vicende della Sindone anteriormente al XIV secolo.
I documenti (di ogni genere: letterari, legali, iconografici...) non danno infatti risposte puntuali alla domanda fondamentale: la Sindone di cui parlano i Vangeli è stata conservata nel primo millennio dell’era cristiana?
E, nel caso di una risposta affermativa, in quali contesti storici e con quali contorni devozionali?
Ed è possibile trovare un legame tra quella Sindone e la Sindone di Torino? Infatti, la storia "certa" della Sindone inizia intorno alla metà del Trecento, quando venne collocata nella Collegiata di Lirey.
Da quella data tutti i passaggi sono rigorosamente documentati (Lirey-Chambéry-Torino).
E prima? Sostanzialmente le risposte sono due: o la Sindone non esisteva, essendo la sua origine databile intorno al 1300, oppure la Sindone era presente nel mondo orientale, seppure conservata e presentata con modalità diverse da quelle assunte poi nel mondo occidentale.
Tale ipotesi di lavoro è legittima in quanto la datazione medievale, al di là della discussione scientifica sul risultato dell’esame del radiocarbonio, non soddisfa una serie di elementi che emergono dallo studio della Sindone, mentre l’assenza di notizie non consente di escludere la sua esistenza in epoca più antica.
In base ad una serie di studi, basati su indizi labili, ma non sottovalutabili, la storia "nascosta" della Sindone potrebbe infatti ipotizzare le tappe di Gerusalemme - Edessa - Costantonipoli - Atene, per passare il testimone alla storia "certa" (Lirey - Chambéry - Torino).
Gerusalemme
Nell’ipotesi di un’origine della Sindone di Torino legata alla Passione e Resurrezione di Gesù, essa deve essere "nata" a Gerusalemme e lì gelosamente conservata nell’ambito della prima comunità cristiana. Dopo i controversi accenni contenuti nei Vangeli, e specialmente in quello di Giovanni, non esistono testimonianze esplicite e dirette legate alla conservazione del corredo funebre di Gesù.
Rompe in qualche modo il silenzio un passo di un vangelo apocrifo, quello detto degli Ebrei, in cui si dice. che Gesù, dopo la sua resurrezione, "consegnò la Sindone al servo del Sacerdote".
Esistono altre testimonianze letterarie di sindoni, monde o figurate, che però non permettono di giungere a nessuna conclusione certa relativamente al tipo di oggetto e alla sua storia. Tutto questo non permette quindi di escludere a priori la possibilità di una sua presenza e conservazione.

 

Edessa


Per una buona parte del primo millennio dell’era cristiana ad Edessa, città della Turchia sud-orientale, venne conservato e venerato il Mandylion, o immagine di Edessa, uno dei principali "volti santi" di Cristo del mondo ellenistico-bizantino, e conosciuto dagli storici dell’arte come origine di gran parte della tradizione iconografica del Cristo. Le rappresentazioni pittoriche del Mandylion lo raffigurano come un reliquiario rettangolare a losanghe con al centro il volto di un uomo barbuto e con i capelli lunghi.
Le varie leggende che ne narrano l’origine lo riconducono all’intervento diretto di Gesù che impresse il suo volto in un pezzo di stoffa, in greco mandylion (fazzoletto), inviato in dono al re Abgar IV di Edessa.
Riconosciuto e venerato in forma solenne in quella città sicuramente a partire dal VI secolo, dove fu protagonista di eventi miracolosi, fu poi trasferito a Costantinopoli nel 944, e lì conservato nel tesoro degli imperatori bizantini.
Nel 1978 è stata avanzata la suggestiva ipotesi secondo cui il Mandylion coinciderebbe con la Sindone. L’ipotesi è suffragata da vari elementi e da alcune intuizioni relative alle caratteristiche dell’Icona: rakos tetradiplon, cioè ripiegata "due volte quattro volte su se stessa"; e acheropoiete, cioè "non fatta da mani d’uomo", elementi ambedue che potrebbero essere messi strettamente in relazione con la Sindone di Torino. Da ulteriori analisi sulle descrizioni dell’arrivo dell’Icona a Costantinopoli sembra che sia lecito dedurre che il "fazzoletto" contenuto nel reliquiario rettangolare in realtà nascondesse un pezzo di stoffa ben più grande e contenente l’immagine di un intero corpo martoriato.

 

Costantinopoli


Sempre nel tratto di "storia ipotetica" della Sindone di Torino, alcuni indicatori permetterebbero di localizzare la Sindone nella capitale bizantina:
a partire dal 944 vi è conservato, insieme a molte altre reliquie legate alla vita terrena di Cristo, il Mandylion proveniente da Edessa, e che ora una suggestiva ipotesi vuole identificare con la Sindone.
Nel corso del XIII secolo nell’arte bizantina si modifica sensibilmente la raffigurazione della Deposizione di Gesù o dell’Unzione del cadavere, con caratteristiche che sembrano sottintendere la conoscenza di particolari della Sindone.
Di notevole significato, per la nitidezza dei particolari e per la data antica, risulta l’illustrazione dell’Unzione di Cristo contenuto nel Manoscritto Pray (oggi conservato a Budapest), realizzata tra il 1192 ed il ‘93 da un artista costantinopolitano o comunque formatosi in tale ambito.
Nel 1204, prima del sacco della città durante la IV Crociata, un cavaliere piccardo, Robert de Clari, nella sua cronaca, dice di aver visto "la Sindone del Signore" in cui si vedeva l’immagine intera del corpo del Signore, conservata nella chiesa di S. Maria delle Blacherme.
Tale Sindone, aggiunge, scomparve durante il saccheggio perpetrato dai franchi.
Anche se non esistono quindi elementi certi per collegare queste informazioni con la Sindone di Lirey-Torino, tuttavia risulta di grande importanza poter localizzare una Sindone figurata a Costantinopoli.

 

Atene

 

Un documento datato 1 agosto 1205 permette di ipotizzare un passaggio della Sindone in questa città: Si tratta di una lettera indirizzata a Papa Innocenzo III da parte di Teodoro Angelo, parente dei deposti imperatori bizantini, all’indomani del sacco di Costantinopoli, il quale stigmatizza il comportamento dei crociati conquistatori e razziatori delle reliquie, tra cui la Sindone che gli risulta conservata ad Atene.
L’indicazione è interessante perchè il nuovo signore feudale di Atene, insediatosi proprio in quell’anno, è Ottone de La Roche, uno dei capi della crociata, che durante la presa di Costantinopoli ebbe il quartiere dove sorgeva la chiesa delle Blacherne.
Purtroppo il documento citato è conosciuto soltanto in una copia ottocentesca tratta a sua volta da una copia antica andata distrutta durante la II Guerra Mondiale, tuttavia si inserisce bene nel contesto storico successivo alla IV Crociata.
In quei giorni del 1205 Atene era la città dei cavalieri templari, arrivati in fretta dalla Palestina, e di Ottone de la Roche, l’uomo di Blachernae.
Sempre in quel periodo per Atene erano passati anche due ecclesiastici occidentali di rango: il legato pontificio Benedetto di Santa Susanna e Nicola d’Otranto abate del monastero di Casole. Atene fu l’ultima sosta del loro viaggio prima del ritorno a Roma e della relazione al pontefice su tutti gli avvenimenti: entrambi dissero di avere visto segretamente la Sindone ad Atene.
E ormai troppa gente incominciava a sapere dove, sotto l’ombra della scomunica, fosse nascosto il telo sindonico, troppo scandalosa era la sua acquisizione; troppe cupidigie vi si rivolgevano: per Ottone de la Roche dovette farsi ogni giorno più difficile conservare illegalmente un tale oggetto nelle sue mani in Atene.
Fu forse a quel momento, che affidandosi a un potere così forte quale l’Ordine templare, in grado di resistere anche a pressioni vaticane, Ottone si liberò della sua sacrilega preda e la cedette, o vendette a gran prezzo; oppure la affidò per il viaggio verso la Francia a una custodia, i templari che nessuno avrebbe osato attaccare.
Vi sono tracce di uno strano percorso via San Giovanni d’Acri dove era la possente fortezza dei templari, l’isola di Cipro, per alcuni anni proprietà templare, fino a Marsiglia, forse Ottone programmò che, arrivata in Francia, la Sindone venisse riconsegnata alla sua famiglia, e precisamente a suo padre, Ponzio de la Roche; o forse qualcuno consegnò n telo dipinto qualcosa come quello che fu poi chiamato il sudario di BesanVon e conservò invece, nel segreto dell’ordine templare l’oggetto autentico.
Inoltre dei collegamenti tra la famiglia La Roche e i successivi Duchi di Atene con Geoffroy de Charny, primo possessore certo della Sindone in Occidente, rendono suggestive queste informazioni.
Infatti 35 anni dopo i roghi dei Templari si mise in luce un nobile francese di nome Goffredo di Charny signore di Lirey.
Il nome del suo casato era celebre: un altro Goffredo di Charny cavaliere templare precettore dell’ordine in Romania era salito sul rogo insieme al gran maestro del tempio Giacomo de Molay.
Altrettanto celebre era il casato della moglie di Goffredo di Charny: Giovanna de Vergy risalendo in linea diretta di quattro generazioni si trovava che il suo trisavolo si chiamava Ottone de la Roche il saccheggiatore di Blachernae e trafugatore della Sindone durante il sacco di Costantinopoli nel 1204.

Lirey

A tutt’oggi le prime testimonianze documentarie sicure e irrefutabili relative alla Sindone di Torino datano alla metà del XIV secolo, quando Geoffroy de Charny, valoroso cavaliere e uomo di profonda fede, celebrato generale francese, depose il Lenzuolo nella chiesa da lui fondata nel 1353 nel suo feudo di Lirey nello Champagne. Geoffroy morì alla battaglia di Poitiers il 19 settembre 1356: è quindi tra queste due date che è necessario porre la prima comparsa della Sindone nell’Europa occidentale.
Quello che invece rimane misterioso è il motivo, il luogo e le modalità con cui Geoffroy ne venne in possesso. La notizia della presenza di un oggetto così straordinario si diffuse rapidamente ed iniziarono subito i primi pellegrinaggi da parte dei fedeli e, contemporaneamente, le prime dispute sulla sua autenticità e sulla liceità delle ostensioni pubbliche.
Un lunga e complessa diatriba su queste questioni vide affrontarsi nell’ultimo decennio del ‘300 il figlio di Geoffroy de Charny con i canonici di Lirey ed il vescovo di Troyes, nella quale venne coinvolto anche l’antipapa Clemente VII.
I documenti relativi a questa disputa permettono di ricostruire le vicende della Sindone dei decenni precedenti, ma non di risolvere in maniera definitiva i problemi sollevati.
Nel corso della prima metà del ‘400, a causa dell’acuirsi della Guerra dei cento anni, Marguerite de Charny, dopo aver ritirata la Sindone dalla chiesa di Lirey (1418), la conduce con sé nel suo peregrinare attraverso l’Europa.
Finalmente trovò accoglienza presso la corte dei duchi di Savoia, alla quale erano stati legati sia suo padre che il suo secondo marito, Umbert de La Roche. Fu quindi nel 1453 che avvenne il trasferimento della Sindone ai Savoia, nell’ambito di una serie di atti giuridici intercorsi tra il duca Ludovico e Marguerite.

Chambéry

I Savoia dapprima conservarono il Lenzuolo nel loro tesoro privato, portandoselo appresso nel peregrinare per i loro Stati a cavallo delle Alpi, come consuetudine delle corti medievali.
A partire dal 1471, Amedeo IX il Beato, figlio di Ludovico, incominciò ad abbellire ed ingrandire la cappella del castello di Chambery, capitale del Ducato, in previsione di una futura sistemazione della Sindone.
Dopo una iniziale collocazione nella chiesa dei francescani, la Sindone venne definitivamente riposta nella Sainte-Chapelle du Saint-Suaire.
In questo contesto i Savoia richiesero ed ottennerro nel 1502 dal Papa il riconoscimento di una festa liturgica particolare per la quale fu scelto il 4 maggio.
II 4 dicembre 1532, un incendio devastò la Sainte-Chapelle e causò al Lenzuolo notevoli danni che saranno riparati nel 1534 dalle Clarisse della città.

Con lo scoppio della guerra tra Francesco I e Carlo V, il duca di Savoia nel 1535 dovette fuggire davanti all'esercito francese per rifugiarsi in Piemonte, portandosi con sè la Sindone che fu più volte oggetto di ostensioni a Torino, Milano, Vercelli.
II Lenzuolo ritornò solennemente nella Sainte-Chapelle di Chambery il 4 giugno 1561 in seguito alla pace di Cateau-Cambrésis del 1559 con la quale il nuovo duca Emanuele Filiberto aveva riottenuto i suoi Stati.
Sotto l'impulso del nuovo e giovane duca inizia l'epoca della grande affermazione di Casa Savoia. I tempi erano ormai maturi per una diversa impostazione della politica sabauda che diresse i propri interessi strategici verso la Penisola.
Conseguenza di ciò fu lo spostamento del centro di comando da Chambéry a Torino, più adeguato rispetto alle nuove esigenze.
Mutato il centro politico-amministrativo mancava solo più il "segno" religioso: la Sindone. Emanuele Filiberto trasferì definitivamente la Sindone da Chambéry a Torino il 14 settembre 1578.

Torino


La Sindone giunse a Torino il 14 settembre 1578 tra le salve dei cannoni, accolta con grande solennità.
L'occasione per il suo trasporto da Chambéry si presentò quando Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, manifestò il desiderio di recarsi a piedi in pellegrinaggio a venerare la Sindone per sciogliere il voto fatto durante la peste del 1576. Abbreviare il viaggio del Prelato, molto noto e già in fama di santità, risparmiandogli la fatica dell’attraversamento delle Alpi, fu la giustificazione dello spostamento della Sindone.
La Sindone restò, da quel momento, definitivamente a Torino dove, nei secoli seguenti, fu oggetto di numerose esposizioni ed ostensioni pubbliche o private. La religiosità di tutta la regione fu ovviamente molto influenzata da questa presenza così importante. Ne sono testimonianza viva le nomerosissime presenze iconografiche nelle cappelle e sulle abitazioni di tutto il territorio piemontese. Anche le grandi e solenni ostensioni, molto frequenti nei due secoli barocchi, ne sottolinearono l’aspetto devozionale pubblico. I Savoia dal canto loro, oltre ad una profonda devozione personale, testimoniata da vari scritti privati, consideravano la Sindone il "palladio" della loro casata, segno tangibile del favore di Dio, concretizzando in tal modo l’assunto barocco dell’origine divina di ogni potere temporale. Dopo una collocazione iniziale nella chiesa di San Francesco d’Assisi, la Sindone fu conservata nella cappella ducale dedicata a San Lorenzo. Verso il 1583 fu trasferita in una cappella rotonda dell'antico palazzo ducale e, nel 1587, venne istallata nel duomo in un'edicola con colonne di marmo nero che occupava il posto dell'attuale altare maggiore.
Emanuele Filiberto, morto nel 1580, aveva previsto l'erezione di una cappella destinata ad accoglierla, ma la realizzazione di questa prese consistenza soltanto nel XVII secolo secondo i progetti dapprima di Bernardino Quadri ed in seguito di Guarino Guarini, che disegnò la splendida cupola.
II 1 giugno 1694 la Sindone, fu collocata nella cappella della Sindone nell'altare-reliquiario ideato da Antonio Bertola. Da quel momento in poi la Sindone sarà conservata in questa cappella fino al 1996, quando fu collocata nel coro del duomo, in occasione dei lavori di restauro. Questo spostamento fu provvidenziale in quanto le permise di scampare all’incendio, scoppiato tra l’11 e il 12 aprile 1997, che danneggiò gravemente la cappella.
Solo in due occasioni la Sindone lasciò Torino: nel 1706 riparò a Genova all’avvicinarsi dei francesi che si accingevano ad assediare la città; e nel nostro secolo, tra il 1939 ed il ‘46 quando, in previsione degli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, fu trasportata nel santuario di Montevergine presso Avellino.
Assai numerose furono le ostensioni, pubbliche e private, del XVIII secolo, tra cui ricordiamo quelle del: 1703, 1717, 1722, 1730, 1736, 1737, 1739, 1750, 1769, 1775; l’ultima pubblica del secolo avvenne nel l785. Durante il periodo dell’occupazione francese, ed il conseguente trasferimento dei Savoia in Sardegna, la Sindone rimase a Torino, affidata alla custodia dell'arcivescovo di Torino, monsignor Luigi Buronzo Delsignore. Nel 1804 Pio VII, di passaggio a Torino, potè venerarla in un’ostensione privata. Undici anni dopo lo stesso Papa ebbe ancora modo di vedere la Sindone, partecipando ad una ostensione pubblica. Nel corso dell’Ottocento le ostensioni si diradarono e vennero effettuate solo in occasioni dei principali eventi dinastici dei Savoia. Nel maggio 1815 ci fu un’ostensione per solennizzare il loro ritorno a Torino. Altre furono indette nel 1821 e nel 1842, tutte effettuate ancora secondo lo schema settecentesco che prevedeva l’esposizione all’aperto in piazza Castello. Nel 1868 in occasione del matrimonio tra Umberto di Savoia, con la principessa Margherita, la Sindone venne esposta al pubblico all'interno della cattedrale per quattro giorni. E' la prima volta in cui l’ostensione si verificò secondo lo schema organizzativo attuale: in duomo e per più giorni.
L’ostensione successiva venne organizzata nel 1898 per celebrare le nozze di Vittorio Emanuele (III) con Elena del Montenegro ed i centenari religiosi del Piemonte, tra i quali ricordiamo il IV Centenario della costruzione del duomo. L’ostensione durò dal 28 maggio al 2 giugno e vide la presenza di quasi un milione di pellegrini. Fu in questa occasione che furono effettutate le rivelatrici fotografie di Secondo Pia, che aprirono la via alla ricerca scientifica sul Lenzuolo e sulla sua immagine.
Le ostensioni del nostro secolo avvennero nel 1931, in occasione del matrimonio tra Umberto (II), principe di Piemonte e Maria José del Belgio, e in nel 1933, in concomitanza dell'Anno Santo straordinario.

Dopo il trasferimento durante la Seconda Guerra Mondiale nel santuario di Montevergine presso Avellino gli eventi che coinvolgono la Sindone furono:
16 - 18 giugno 1969: fu mostrata per la prima volta ad una Commissione scientifica e venne effettuata la prima fotografia a colori.
23 - 24 novembre 1973: prima ostensione televisiva.
26 agosto - 8 ottobre 1978: ebbe luogo un ostensione solenne. Per quarantatre giorni, oltre tre milioni di pellegrini venerarono il Lenzuolo esposto sopra l'altare maggiore del duomo. Al termine il Lenzuolo su sottoposto per 120 ore consecutive ad una serie di esami e di test non distruttivi da parte di scienziati provenienti da ogni parte del mondo. 21 aprile 1988: prelievo dei campioni utilizzati per l’esame al radiocarbonio, il cui responso data il Lenzuolo alla prima metà del ‘300.

18 aprile - 14 giugno 1998: ostensione solenne, che ha visto la partecipazione di oltre due milioni di pellegrini, indetta per ricordare il cinquecentesimo anniversario della consacrazione del duomo di Torino, e il primo centenario dell'ostensione e della fotografia del 1898.

La prossima ostensione è stata indetta dal 26 agosto al 22 ottobre dell’anno 2000: questa la motivazione, secondo le parole del cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino: "la ripetizione dell'ostensione nell'anno del giubileo vuole offrire una particolare occasione di santificazione del giubileo con un pellegrinaggio penitenziale verso un segno eccezionalmente suggestivo della passione del Signore".